«Gli Stati Uniti non hanno mai avuto veramente a cuore la sorte dei cristiani in Iraq e ora ne fanno moneta di scambio con i curdi e i sunniti»
Con queste parole Jean Benjamin Sleiman, Vescovo di Baghdad, definisce il quadro di una situazione reale, alla quale l’indifferenza totale sembra essere l’unica risposta della politica internazionale.
Ecco l’articolo del blog di “Panorama“, firmato da Ignazio Ingrao:
Baghdad: Sos dai cristiani iracheni
I cristiani iracheni lanciano l’allarme: l’accordo di sicurezza con gli Stati Uniti, approvato dal Consiglio dei ministri dell’Iraq lo scorso 16 novembre, li mette in pericolo. Il Sofa (Status of forces agreement), fortemente voluto dal premier Nuri al-Maliki, prevede che le truppe americane lascino i centri abitati entro la metà del 2009, per ritirarsi completamente dal paese entro la fine del 2011. L’arcivescovo di Baghdad, Jean Benjamin Sleiman, e quello di Kirkuk, Louis Sako, chiedono al parlamento iracheno di rinviare l’approvazione dell’accordo, prevista il prossimo 25 novembre.
I due presuli sono riuniti a Cipro per partecipare al meeting internazionale della Comunità di Sant’Egidio «La civiltà della pace: religioni e culture in dialogo». E sono favorevoli al passaggio delle truppe Usa sotto il controllo del governo iracheno dopo la scadenza del mandato Onu, il 31 dicembre, però vorrebbero che i marine restassero nel paese almeno fino a quando i cristiani non si sentiranno al sicuro.
«Se i soldati americani cominciano a ritirarsi dalle città, sarà la guerra civile» dichiara a Panorama l’arcivescovo di Kirkuk, Sako. «L’esercito e la polizia iracheni non sono ancora in grado di controllare tutte le zone del paese. La prova è Mosul: in due giorni sono fuggite 2 mila famiglie cristiane. E il 12 novembre sono state uccise due ragazze cristiane».
L’arcivescovo di Baghdad, Sleiman, è severo con il governo di Washington: «Gli Stati Uniti non hanno mai avuto veramente a cuore la sorte dei cristiani in Iraq e ora ne fanno moneta di scambio con i curdi e i sunniti». Quindi lancia un appello al presidente eletto Barack Obama: «Protegga le minoranze. La missione delle truppe statunitensi in Iraq non è compiuta».
Un appoggio inatteso ai cristiani arriva da una parte degli sciiti, nonostante il consenso informale al Sofa dato dal grande ayatollah Ali al-Sistani, massima autorità religiosa sciita del paese. «Questo accordo non è accettato dalla popolazione. Si dovrebbe fare una consultazione popolare per chiedere ai cittadini iracheni se sono favorevoli al ritiro delle truppe americane» dichiara a Panorama Abdul Hadi Kadhim al-Hussaini, segretario generale dell’associazione sciita Sada.
Ed ecco il timore di Ali Khalid Sarmad, responsabile del dialogo religioso per la comunità degli ulema sunniti di Kirkuk: «Se gli americani vanno via subito, sarà il caos. Non c’è alternativa alla loro presenza in questo momento. Si potrebbe anche pensare di prolungare il mandato delle Nazioni Unite».
Nei rapporti fra il governo iracheno e i cristiani pesa inoltre lo scontro sulla modifica della costituzione che punta a estrometterli dal parlamento. E preoccupa il prossimo censimento: «Prima della guerra eravamo forse 1 milione e mezzo, ora siamo 400 mila cattolici, mezzo milione al massimo con i cristiani delle altre confessioni» spiega Sleiman. Le violenze mirano ad allontanare i cristiani dal paese prima che vengano censiti.
Per fare il punto della situazione il Papa ha convocato i vescovi cattolici dell’Iraq in Vaticano, dal 23 al 28 gennaio 2009.
Essere cristiani si fa sempre più difficile: ci voglion bene tutti quando si tratta di elemosinare voti, ma quando c’è in ballo il dio quattrino (petrolio et simila) fan finta di non sapere chi siamo.
E’ una storia vecchia, sulla quale non vale neanche la pena di spendere troppe parole. La conosciamo sin troppo bene. I suoi protagonisti son titolari d’un conto corrente di trenta denari, interessi compresi.
A loro vorremmo ricordare che l’albero del fico è sempre lì, al suo posto, pronto a render servizio a chi, dopo aver tradito l’Innocente, si trova a fare i conti con se stesso. Ne abbiamo visti tanti penzolare da quell’albero. E ne vedremo ancora: siamo di guardia sul Calvario.
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